ANCIENT BARDS – Intervista con Sara Squadrani (ITA version)

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Intervista di Arianna Govoni

Folkstone

Sentito e graditissimo ritorno sulle scene per gli Ancient Bards. La band capitanata dalla vulcanica Sara Squadrani dà il benvenuto a questo 2019 con il nuovo capitolo discografico dedicato alla saga della spada di cristallo. A distanza di 4 anni dall’acclamatissimo “A New Dawn Ending”, i romagnoli presentano la loro nuova creatura, “Origine”, un album che ha molto da raccontare agli amanti del genere fantasy e alla vasta fanbase della band italiana, da sempre in attesa di poter godere della nuova musica ad opera dei nostri. In esclusiva per Femme Metal, la frontwoman Sara Squadrani si è raccontata così ai nostri microfoni.

Ciao Sara, bentornata su Femme Metal. Son passati ben 5 anni da “A New Dawn Ending”. Come mai questa lunga pausa? Era dovuta a una qualche pausa di sorta, per ricaricare le pile, per la lavorazione del nuovo disco o altro?

È stato tutto abbastanza casuale, nel senso che in realtà noi eravamo – o almeno, Daniele, visto che parte tutta da lei la composizione delle nuove canzoni, dei nuovi album – già eravamo, mi pare, all’inizio del 2016 abbiamo fatto la leg italiana con i Rhapsody, con i Luca Turilli’s Rhapsody e già da quel tempo Daniele praticamente aveva lo scheletro, il canovaccio dell’album nuovo, era già finito! Già al tempo immaginavamo che potesse uscire di lì a poco, insomma… che saremmo entrati in studio da lì a poco, che avremmo portato tutto quanto… però, in realtà, niente! È la vita che è successa! Ognuno di noi, tutti per motivi diversi, si è dovuto concentrare sulla vita privata, chi su quella lavorativa, perché insomma, immagino che tutti sappiano che gli Ancient Bards siano nella posizione di potersi guadagnare da vivere con la sola musica… per cui c’è stata una serie di sfortunati eventi che ci ha portato, insomma, a ritardare, finché non abbiamo capito che era tempo di tornare in carreggiata! Abbiamo chiesto aiuto ai nostri fan, dal punto di vista economico, grazie al crowdfunding, ci siamo buttati a capofitto nella cosa e fortunatamente ora siamo qui con un album nuovo e siamo di nuovo contenti di essere in pista!

Facciamo un attimino un passo indietro. Da dove nasce la storia della Black Crystal Sword?

Ah, è sempre quel capoccia di Daniele Mazza! Diciamo che lui ha partorito tutta questa storia da quando era un ragazzino, aveva 16 anni quando ha scritto le prime canzoni degli Ancient Bards, poi ha trovato i vari membri per formare la band che lui aveva immaginato. Lui aveva già la storia in testa e, infatti, lui sa bene – io non lo so ma lui lo sa che ci tiene un po’ anche a noi sulle spine – lui sa già in quanti album sarà suddivisa, che cosa succederà in ognuno… E niente, parte tutto da lui, come è risaputo era un grandissimo fan dei Rhapsody, per cui il richiamo alle spade c’è! È amante del fantasy e, soprattutto, dei videogiochi tipo “Final Fantasy”, di quegli immaginari giapponesi, dei videogiochi ed è nata così, tra i banchi di scuola, a quanto dice, perché si annoiava!

Se non erro, “Origine (The Black Crystal Sword Saga Part 2)” è proprio la seconda parte di una lunga storia, appunto, narrata nei primi tre dischi che, presi insieme, raccontano la prima parte, quindi questo nuovo disco, in sostanza, racconta una piccola porzione di storia presa dalla precedentemente parte e da qui riparte il viaggio… Se si pensa che, poi, il disco si chiama “Origine”… Non è difficile immaginare che nel disco si parli, appunto, di come nasce la storia e che quindi racconti anche la genesi stessa. È esatto?

Sì.

Quanto è stato difficile concretizzare un progetto simile? Voglio dire, già di suo un concept album non è un’impresa facile, pensa addirittura a crearne tre che compongono una prima parte e un quarto che dà vita alla seconda. Quale è stata la parte più impegnativa di tutta questa faccenda?

Per quanto riguarda, appunto, il concept, Daniele ha sempre avuto le idee chiare, ha sempre scritto, cioè ha distribuito la storia che lui aveva immaginato già intera e finita, l’aveva già ben sezionata in tutti gli album che aveva in mente di creare, per cui è sempre riuscito a tenere le redini di tutto, poi fortunatamente nella posizione dell’album stesso magari io aggiungo qualcosa, perché quando si tratta, poi, di scrivere i testi non è semplicissimo raccontare una storia, specialmente in una lingua che non è la tua primaria, per cui credo che il momento più difficoltoso sia stato raccontare “A New Dawn Ending”, perché se si guarda al quadro generale, è un album tutto incentrato su una battaglia sola, insomma… Abbiamo, quindi, dovuto cercare di indagare su tutti i possibili avvenimenti, su tutti i possibili punti di vista dei personaggi, insomma, per andare ad arricchire il testo di ogni canzone per poter raccontare quello che, in realtà, è un piccolo stralcio di storia. “Origine” è tutt’altra cosa, è un’altra ambientazione, è un altro momento temporale, appunto, perché succede prima rispetto a quanto è successo nella prima parte della saga. A mio avviso, per i miei gusti, è più interessante, ha molti meno richiami tipicamente medievali/gotici, diciamo, quindi i soliti castelli non ce li ha… In generale, credo che Daniele sia stato abbastanza bravo a sezionare bene la storia, già ad immaginarsela in tutto ciò che succede nei vari album e da lì, poi, è più semplice, insomma, portare avanti il lavoro.

Folkstone

Quarto disco pubblicato con Limb Music, etichetta che si prese in carico i tempi anche i Rhapsody of Fire. Cosa vi ha spinto ad utilizzare questa campagna di raccolta fondi che avete lanciato proprio qualche tempo fa per la realizzazione del disco? E, soprattutto, che ruolo ha giocato l’etichetta in questa vostra iniziativa?

Beh il ruolo dell’etichetta è stato quello di lasciarcelo fare, è chiaramente una concessione che loro ci fanno perché in termini di contratto solitamente – non credo, oddio non sono sicurissima, ma non dovrebbe essere così automatico – la possibilità di poterlo fare. Per il resto è stato tutto una questione autonoma, gestita da noi, perché sostanzialmente o era così, o difficilmente per noi ci sarebbe stata la possibilità di fare un nuovo album, perché negli anni, ovviamente, si cerca di dare sempre di più e noi avevamo bisogno di dare di più; purtroppo, per farlo servono più fondi e noi abbiamo sempre lottato per fare tutto con le nostre forze, ma questa volta eravamo proprio di fronte ad una totale impossibilità di fare da soli. Fortunatamente, come hai detto, la campagna ha avuto un gran successo, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, non ce lo saremmo mai aspettato proprio, perché dopo uno stop dal vivo di due anni e l’ultimo album, prima del crowdfunding, era uscito quattro anni prima… non sapevamo se i nostri fan sarebbero stati lì ad aspettare i nostri nuovi lavori… e invece, così è stato! Siamo stati molto contenti, ci ha dato, appunto, la possibilità di portare al completamento un lavoro che avevamo già incominciato anni prima e meritava, insomma, di essere finito perché la storia vuole anche portarsi a compimento. Avevamo voglia di tornare, perché, comunque, è una passione fortissima che noi abbiamo per la musica e per questo progetto che abbiamo messo insieme in piedi, siamo davvero grati di aver avuto questo supporto e questa possibilità di sfornare “Origine”.

Perché al giorno d’oggi, visto anche l’andazzo del mercato discografico, molte band tendono a chiedere l’aiuto ai fan per le registrazioni dei propri dischi? L’ultimo esempio che mi viene in mente è legato a Mark Jansen e ai suoi MaYan, e più recentemente col suo ultimo progetto, Universal Mind Project. Quale potrebbe essere il motivo principale?

Beh, come penso sia chiaro ormai, le etichette non hanno più lo stesso ritorno monetario quando investono in una band che si aveva una volta. Adesso con la diffusione del digitale, gli album non si vendono più ed i margini sulle vendite digitali sono molto, molto bassi, rispetto a quelli che si possono avere con la vendita dei CD. Adesso da quando c’è l’avvento, insomma, di piattaforme di streaming come Spotify, sicuramente le cose vanno un pochino meglio, perché è tanto meglio prendere quei pochi centesimi dagli streaming, piuttosto che niente quando le persone scaricano illegalmente gli album, però a parte i grandi nomi, che poi andando a fare tanti tour intorno al mondo, con produzioni importanti e che hanno, magari, un ritorno, se ad esempio il merchandise viene gestito dall’etichetta, riescono ad avere il loro ritorno economico. Per le band più piccole, magari side project come appunto quello di Mark Jansen – anche se i MaYan sono un po’ più importanti – se non hanno il supporto della casa discografica, è un po’ più difficile, perché per quanto sia vero che chiunque a casa propria, con un computer e con la giusta attrezzatura, poiché al giorno d’oggi è abbastanza semplice, la qualità è un’altra cosa! Fare le cose in maniera professionale richiede professionisti che siano giustamente compensati nel giusto modo, la promozione richiede dei fondi, così come gli artwork, tutto! Adesso è da un po’ che nel mondo metal le band che hanno la possibilità di lavorare tranquillamente sono supportate adeguatamente dalla etichetta.

Tornando a noi, Sara, ho avuto modo di ascoltare l’album e, personalmente, essendomi innamorata io ai tempi di “The Alliance of Kings” e poi con “In My Arms” che io adoro letteralmente (e non ti nascondo che ogni volta che la sento mi viene la pelle d’oca, ma già te lo dissi in tempi non sospetti), ho notato un grosso passo in avanti rispetto ai lavori precedenti. Qua, ad esempio, si sentono tante parti orchestrali e sento anche tanto spazio dato al basso, dove Martino si è ritagliato effettivamente una bella vetrina?

Diciamo che gli Ancient Bards sono composti da personalità abbastanza forti, tutto nasce da quello e dalla continua crescita, dal percorso che ognuno ha seguito e dalla voglia che ha di farlo vedere, insomma. Siamo sempre stati consapevoli delle cose buone che avevamo fatto in precedenza e delle cose da migliorare, quindi abbiamo voluto fare il famoso passo avanti che ci serviva. Daniele è molto appassionato di Two Steps From Hell di Thomas Bergensen, quella musica da trailer, da film score, per cui è stato un ulteriore motivo. C’è voluto più tempo, perché si è voluto attrezzare, ha studiato, ha voluto aggiungere quel non plus ultra nella parte orchestrale, perché facendo symphonic metal per lui la parte symphonic era molto, molto importante! Ha sperimentato con i suoni, quindi le orchestrazioni hanno una parte molto importante nel nuovo album, così come Martino, che, in termini di produzione, è quello che si muove per primo dopo che Daniele ha composto tutto. Martino si occupa insieme a Simone dei riff e delle linee di basso e anche lì si è potuto sbizzarrire come più si divertiva, insomma! Io, nel frattempo, scrivo i testi, Claudio… beh, non c’è neanche bisogno di dirlo quanto sia bravo nei suoi soli… per cui, sì! Abbiamo cercato di migliorare quello che avevamo fatto prima e di esprimere noi stessi, i musicisti che siamo oggi nel miglior modo possibile.

Se non sbaglio, avete promosso l’album con un paio di video diretti da Matteo Ermeti, con il quale avete un gran bel sodalizio da anni! Come è, appunto, lavorare con un giovane video-director che, comunque, riesce sempre benissimo a capire le esigenze delle band, cosa che, ormai, non è tanto facile fare?

Sì, onestamente è molto complicato, adesso, perché chiaramente trovare qualcosa di originale diventa sempre più difficile. Molti gruppi fanno molti video e fare un’analisi costi è molto importante, nel senso che, anche in questo caso, bisogna cercare di trovare la miglior soluzione con i budget. Matteo in questo è sempre stato straordinario, è stato con noi quasi sin dall’inizio, è cresciuto tantissimo anche lui, è un amico e siamo molto orgogliosi di lui. Ci piace molto lavorare con lui, perché è un continuo scambiarsi di idee, secondo me è talentuosissimo. Deriva tutto da una certa dose di affinità artistica, dal dialogo continuo tra le nostre idee, dalla nostra idea musicale e quello che, comunque, è l’immaginario che lui si crea, perché chiaramente la nostra musica vuole essere un po’, vuole dipingere un po’ l’immagine di ciò che succede nella storia. È praticamente il film-score che viene detto nei testi, quindi spesso il nostro intento è quello di dipingere un’immagine! Siccome è un’immagine fantasy, di personaggi che non esistono nella realtà, diventa difficile ricrearli, come ad esempio all’inizio di “Impious Dystopia”: noi vediamo Eirene, questo personaggio che comunque ha la pelle verde acqua, è una combattente, ha la spada di cristallo ed è stata una sfida realizzare tutto quanto! Siamo veramente orgogliosi di come è venuto il risultato del video (video qua), così come quello di “Light” (video qua), perché era un messaggio che a me stava particolarmente a cuore. Penso che lui sia riuscito ad esprimerlo con la giusta delicatezza e la giusta forza che aveva questo messaggio.

Folkstone

Recentemente avete avuto il vostro release party dove, per l’appunto, avete avuto modo di presentare il disco al Bronson di Ravenna. Che tipo di reazioni avete avuto dal pubblico? Come sono state accolte le nuove composizioni? 

Bene, sorprendentemente… No, scherzo! Abbiamo ricevuto feedback assolutamente positivi e la cosa ci ha riempiti veramente di gioia, perché è sempre un po’ così, un punto interrogativo; infatti, noi avevamo preparato una scaletta che prevedeva la presentazione del nuovo album, ma anche un porto sicuro per far sentire, insomma, gli spettatori un po’ più a casa, quindi abbiamo inserito anche brani dagli album precedenti, perché non sapevamo bene che tipo di risposta avremmo potuto avere presentando un’intera serata di soli brani che nessuno aveva sentito prima! Nonostante tutto, credo – o almeno mi sembra, da quello che ho colto – che tutti hanno apprezzato, tant’è che c’è qualche video che ci hanno mandato, sono sempre tutti molto carini e ci postano sui social i link dei video che hanno fatto ed effettivamente molti hanno ripreso i pezzi vecchi, per potersi ascoltare quelli nuovi senza distrazioni, senza star lì a farsi distrarre dal cellulare! La cosa è stata carina, credo! Dagli ascolti, comunque, alcuni brani che erano usciti a dicembre o qualche giorno prima, magari qualcuno ce lo aveva già nelle orecchie, ma ad esempio abbiamo fatto dal vivo la suite finale, “The Great Divide”, che comunque sono 15 minuti e che dal vivo potrebbero non essere così facili da assorbire… invece, credo che comunque siano stati tutti molto contenti, che abbiano apprezzato tutta la scaletta.

A marzo avrete modo di ripresentarle anche al pubblico mantovano all’Arci Tom. Io, come sai, ho già avuto modo di vedervi in azione due o tre volte quindi so cosa posso aspettarmi… Riserverete magari qualche sorpresina?

È tutto da scoprire, il release party è stata una prova generale, diciamo, ma comunque eravamo presi da mille cose che dovevamo fare, come ad esempio la spedizione di tutti i perk del crowdfunding, la promozione che va fatta, per cui sicuramente ci sarà dell’altro a marzo e speriamo sempre che comunque, anche da quel punto di vista dei live show, di crescere e cercare sempre quella sintonia con il pubblico, che fortunatamente riusciamo sempre ad instaurare! Vedremo che cosa accadrà! 

Gli Ancient Bards sono stati anche tra i primi gruppi italiani a calcare il palcoscenico del Wacken Open Air. Vorrei chiederti: che cosa avete provato a calcare un palco così significativo, di un festival molto importante? Che ricordi hai di quella esperienza?

Sono stati dei giorni veramente straordinari, è stata un’esperienza veramente bellissima, perché è veramente un festival che è un mito, sia come avventore che come artista è un’esperienza veramente indimenticabile. Spero assolutamente di poter replicare il prima possibile, perché mi è piaciuto tantissimo il modo di vivere la musica di tutti quelli che erano lì, il senso di unione. Era un anno particolarmente piovoso, c’era gente con il fango fin sopra le orecchie, ma c’era comunque quella gioia di stare insieme. Era un’emozione forte! Poi suonare, sentire il calore di persone che già ti conoscono e di persone che sono lì per il gusto di scoprire qualcosa di nuovo è veramente sensazionale, è un’esperienza che consiglio di fare a tutti, è proprio affascinante, assolutamente!

Ultima domanda per concludere questa bella chiacchierata: quali saranno i prossimi progetti che vi vedranno coinvolti prossimamente? Eccezion fatta per la promozione del disco, ovviamente…?

Al momento, onestamente, nulla di che! È tutto in fase di costruzione, al momento è Martino che si sta occupando di date e affini, per cui purtroppo non so dirvi granché! Siamo stati completamente assorbiti dal crowdfunding, dalle registrazioni, dai video e dopo dalle spedizioni. Siamo ancora un po’ sballottati da questo viaggio che abbiamo fatto, però adesso stiamo cercando di costruire qualcosa in un prossimo futuro! Spero di potervi dare nuove notizie presto!

 

 

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